// di Francesco Cataldo Verrina //
Chick Corea and The Spanish Heart Band, musiche dal mondo, ogni mondo possibile.
Chick Corea arriva sul main stage dell’Arena Santa Giuliana di Perugia ed aggiunge un altro tassello importante a questa edizione 2019 di UMBRIA JAZZ, che mai come quest’anno, considerando almeno l’ultimo decennio, riesce a coniugare le esigenze di un pubblico più colto, raffinato ed informato attento alle evoluzioni del jazz con quelle di un audience più generica attratta da vecchie glorie del rock o star del pop aggiunte al programma con finalità commerciali, o artisti importanti para-jazz, simil-jazz, finto-jazz o più semplicemente legati al jazz da situazioni occasionali e momentanee. Corea è un personaggio di spessore e rappresenta sicuramente uno di quei nomi che possono dare prestigio ed aggiungere sostanza a manifestazioni di questa caratura. Il clima è frizzante, mentre una brezza, a tratti piacevole, accarezza gli astanti in platea e sulle gradinate, ma l’atmosfera si fa subito magica e la musica riscalda gli animi, soprattutto la mistura spanish al lime dei Caraibi, che l’estroso musicista propone nel suo live act, diventa subito attrattiva, sviluppando quella sorta di transfert emotivo che solo i grandi riescono ad innescare.
Il pianista di Boston sembra vivere una nuova giovinezza ed una ritrovata creatività, esplorando le radici della musica spagnola ad afro-latina con il supporto di una band d’eccezione, a cui componenti concede molto spazio espressivo. Lui è il demiurgo della serata, quando sfiora le due tastiere che ha davanti, detta i tempi e i modi, ma l’ensemble è ben affiatato ed il senso collegialità risulta essere uno dei punti di forza del concerto. Ognuno dei protagonisti si ritaglia uno spazio e s’incastra alla perfezione nell’insieme come la tessera di un mosaico.
I ritmi e le situazioni proposte hanno uno strettissimo legame con le varie culture ispaniche, da quella afro-cubana al flamenco. Si ha sempre l’impressione che Corea proponga un viaggio introspettivo oltre che musicale. La sua parabola evolutiva nel mondo della musica ha costantemente mostrato aspetti mutevoli e contrastanti, fatti di percorsi imprevisti, mai banali o scontati, ma con una forte propensione alla ricerca e alla sperimentazione. Corea è l’anima della fusion, intesa come una sorta di perenne mutatis mutandis, dove il punto focale rimane il jazz nella sua essenza, con le sue armonie e la facilità di contaminazione e di apertura alle musiche del mondo, di ogni mondo possibile.
La sintesi è rappresentata da una lunga ed espansa versione del «Concierto de Aranjuez», che diventa una specie di contenitore di più stili legati alla cultura latina, una complilation di brevi improvvisazioni, con il pubblico che partecipa e canta all’unisono alcuni brevi frammenti di note suggerite dalla tastiera di Corea. I suoi sodali entrano ed escono di scena uno dopo l’altro, ricreando tante situazioni sonore incuneate una dentro l’altra come una sorta di matrioska fatta di note. Il pubblico di Umbria Jazz è piacevolmente estasiato e ringrazia con un tripudio di applausi, mentre cala il sipario su una serata da incorniciare.