// di Francesco Cataldo Verrina //
Da qualche settimana sono disponibili alcune ristampe in vinile dell Red Records. Tra queste «Love Remains» di Bobby Watson rimasterizzato partendo da tape analogico originale. Il vinile è di eccellente qualità sonora ed esteticamente curato nei minimi dettagli: getfolder in carta di pregio con un booklet interno contenente le liner notes in italiano ed in inglese. Un encomio solenne va a Marco Pennisi, nuovo editore Red Records e l’immarcescibile Sergio Veschi per le sue storiche intuizioni.
Da molti considerato uno dei momenti più alti della carriera di Bobby Watson, «Love Remains» fa parte del periodo in cui il sassofonista americano, quasi come avvolto da un’aura magica, diede il meglio di sé, forte di una maturità espressiva e stilistica ineguagliabile. In questa fase della carriera, l’altoista è riuscito ad ottenere dal suo strumento più di quanto molti suoi colleghi non siano riusciti a fare nell’arco di una vita. Ogni assolo è una mini lezione di jazz, una master class per contraltisti. Da quando nel 1977, Art Blakey, incubatore e magnificatore di molti talenti del jazz moderno, aveva inarcato le sopracciglia dopo aver assistito all’audizione di questo «ragazzo di campagna», di tempo ne era passato; Bobby Watson aveva affinato al massimo la tecnica e assunto i crismi di una personalità forte e caratterizzata, liberando il sassofono contralto dal tipico schema parkeriano. E’ pur vero che il sassofonista non ha mai perduto del tutto l’iniziale imprinting, per cui, a livello istintivo, certe note sembrano richiamare il fantasma di Bird, così come, nei momenti più dolci e rilassati, quello di Johnny Hodges, ma gli studi, le frequentazioni e le esperienze accumulate nel corso degli anni lo hanno portato a definire uno modus operandi ben preciso e riconoscibile sin dalle prime battute.
A differenza della classica «generazione Bird», sin dagli inizi, il percorso intrapreso da Bobby Watson fu quello di guardare al futuro, rimanendo ancorato alle basi solide della tradizione ed aggiungendo al suo arsenale sonoro anche il sassofono tenore ed il flauto. L’arrivo nei Jazz Messengers innescò un naturale svecchiamento, concretizzatosi nell’arco di cinque anni al seguito di Blakey e culminato con la nomina a direttore dell’ensemble. «Love Remais» è lo specchio fedele di questa sua visione del jazz, in parte evolutiva ed in parte conservativa. Nel set, il sassofonista dimostra una completa padronanza degli idiomi bop e hard-bop, ma ciò che avvince sono la passione e e quel naturale corredo genetico soulful che Watson riesce a trasfondere in ogni nota, in ogni assolo, in ogni improvvisazione, complice una compatta sezione ritmica: John Hicks al piano, Curtis Lundy al basso e Marvin «Smitty» Smith alla batteria.
Registrato nella dimensione studio/live, il 13 novembre del 1986 al Manahattan Recording Company di New York, l’album si dipana attraverso sette componimenti originali, firmati da Watson e dalla moglie Pamela, ad eccezione di «Sho Thang» composto da Curtis Lundy. In particolare «The Mistery of Ebop» e «Blues for Alto» si caratterizzano come i due momenti più riusciti dell’intera session, evidenziando un hard-bop avanzato, che offre al contraltista l’opportunità di allungarsi, in piena libertà espressiva, su alcune strutture assai complesse. La title-track resta comunque il momento clou dell’album: una ballata lenta e brunita da ascoltare a luci basse, malinconica, e fortemente lirica, dove la melodia si adatta perfettamente al «soffio»di Watson. Il risultato è, forse, una delle performance più struggenti della storia del jazz moderno, in cui la profondità delle emozioni diventa abissale. Nel complesso, «Love Remains», dotato di aura simile a quella di certi dischi del passato, si sostanzia come un capitolo importante nella storia personale e pubblica di Bobby Watson.
Per la soddisfazione dei collezionisti, dei completisti e degli appassionati di vinile di alta qualità audiofila sono attualmente disponibili sul mercato altre due produzioni della nuova Red Records di Marco Pennisi: «Intimacy» di Chet Baker, inedito spalmato su un doppio LP, ed il leggendario Cedar Walton Trio «3», registrato nel marzo del 1986 allo studio Barigozzi di Milano.