// di Francesco Cataldo Verrina //
VITTORIO DE ANGELIS – «PERSPECTIVE», 2022 :
I dischi di Vittorio De Angelis sono dei viaggi affascinanti sui territori della musica afro-americana. Il Sassofonista napoletano s’infila negli anfratti più reconditi del jazz «nero» esplorandone ogni cavità: dalla fusion al soul, dal nu-jazz allo smooth, dall’afro-beat al funk, non disdegnando, in taluni momenti, l’utilizzo del canto per caratterizzare la fruibilità e la contemporaneità del suo costrutto sonoro. Si potrebbe pensare ad un itinerario che guarda al post-bop nel segno di Sonny Rollins fino a giungere alle complesse e variegate intelaiature di Kamasi Washngton, passando per lo urban-groove alla Robert Glasper, ma senza disdegnare le soffuse atmosfere alla Michael Franks.Vittorio De Angelis vanta un solido background forgato su un lunga attività live nei jazz club di mezza Europa, ed attraverso la partecipazione ad innumerevoli set come sideman.
«Perspective», sul mercato da qualche giorno,sembra allargare lo spetto e la visuale del precedente «Believe Not Belong» realizzato nel formato double trio con due batterie, due tastiere e due fiati e forte di una guest internazionale, il trombettista Takuya Kuroda. Nel suo secondo atto da band-leader, il sassofonista, che suona anche flauto e synth, è accompagnato da Seby Burgio piano e tastiere, Francesco Fratini tromba, Daniele Sorrentino basso elettrico e contrabbasso Federico Scettri batteria. L’ensemble è arricchito dalle splendide voci di Leo Pesci e Gabriella Di Capua. «Perspctive» va oltre diventando una sorta di hub al quale De Angelis collega vari elementi ritmico-armonici che guadano verso differenti soluzioni creative, come se la «prospettiva» si rigenerasse costantemente moltiplicandosi per partenogenesi.
Nonostante l’album sia un centro di smistamento di numerosi linguaggi musicali, che vanno sotto il comune denominatore del jazz, il tutto appare alquanto omogeneo e ben saldato: mutano le direzioni ma il mood e l’afflato complessivo rimane intatto e sempre legato dall’eclettica personalità del band-leader. Tributi ideali, influenze e punti di riferimento vengono centrifugati attraverso un piacevole melting-pot sonoro a partire dall’opener «Gap», il cui titolo disegna un divario spazio-temporale tra un groove da hip-hop old-school e la migliore tradizione smooth jazz. «My Own Way, magnificata dalla voce velluto mille righe di Leo Pesci, è un mid-range dai forti connotati soulful. «Saharian Dance Hall» è un jazz-groove up-tempo arabescato che si muove flessuosamente guardando al Sud del Mondo, tra Africa ed Oriente. «Deep», tipico gioiellino da airplay radiofonica, scava in profondità creando un armonioso incanto tra l’adamantina vocalità di Gabriella Di Capua ed il pastoso sax di De Angelis. Le due «voci» si compensano, sostenute da una retroguardia ritmica che mantiene il battito sempre allo stato di veglia. «Floating Soul» si cala nella brunita atmosfera metropolitana di una città ideale per un’esplorazione soulful a velocità controllata, tra antiche reminiscenze jazz e moderne tentazioni multitasking.
«Rose» è una composizione del 1980 del leggendario Larry Nocella, per la quale lo stesso Vittorio De Angelis ha scritto e adattato il testo cantato da Leo Pesci. Il canto aggiunge linfa vitale al componimento senza snaturarne l’essenza originaria. «Sankara» ha un’anima e soprattutto un ritmo che coniuga afro-beat e jazz-funk, esaltato da un lungo assolo di pianoforte da parte di Seby Burgio. «Sankara» rappresenta un omaggio al leader rivoluzionario del Burkina Faso, del quale è stato usato un frammento di voce nella parte finale della traccia. In conclusione, «Hypersensitive», quasi una summa dell’intero album con una digressione ritmica contemporanea che guarda al jazz come agglomerato di sonorità etniche e groove metropolitani, ma con l’aggiunta di un diluente mediterraneo. «Perpective di Vittorio De Angelis, suo secondo step come solista, pubblicato dalle edizioni musicali New Model Label, non è altro che un magnifico viaggio di andata e ritorna tra vecchio e nuovo mondo, tra Europa ed Africa, tra America ed Oriente, senza che il convoglio perda mai la bussola.
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