// di Francesco Cataldo Verrina //

Se volessimo tracciare una mappatura del corpo umano, si potrebbe dire che il disco di Giuseppina Ciarla, «A Ticket Home», colpisca i vari punti cardinali e nevralgici dell’individuo: il cuore, il cervello, lo stomaco ed i muscoli, ricongiungendoli attraverso una spirale sonora fatta di spirito e materia, carne e sangue, pensiero ed emozioni. L’arpista usa il suo background classico per esplorare molteplici ambiti sonori attraverso un sofisticato cross-over che unisce jazz, soul, world-music e pop.

Il progetto discografico è autoprodotto e si dipana attraverso undici brani, cantati e strumentali, che descrivono un’iperbole creativa non comune. Si va da «Oblivion» di Astor Piazzolla a «Que Sera, Sera», passando per un classico italiano come «In Cerca di Te» (conosciuto come «Solo me ne vo’ per la città») o un tributo alla canzone napoletana con «Maria Marì»; si passa da uno standard come Nature Boy ad un canto popolare italiano, «Bella Ciao», restituito in una forma assolutamente originale; geniale la scelta di «The Ballad of Sacco and Vanzetti» scritta da Morricone e lanciata da Joan Baez, fino a giungere a «Billie Jean» di Michael Jackson e Libertango» di Astor Piazzolla. Le due composizioni originali « Preghiera» e «L’Invasione di Farfalle» si amalgamano perfettamente al costrutto sonoro, senza sfigurare al confronto di alcune pietre miliari della musica mondiale.

L’arpa è uno strumento antichissimo, ma non ha mai perso la sua attualità. Fondamentale nella musica classica, ha trovato largo impiego in molte operazioni para-jazzistiche con risultati eccellenti. Basti pensare ad Alice McLoad, meglio conosciuta come Alice Coltrane, moglie di secondo letto di John Coltrane; soprattutto Giuseppina Ciarla riesce a portare l’arpa, strumento non facile, su un terreno di massima fruibilità e piacevolezza, senza mai banalizzare l’arrangiamento o tendere al minimalismo espressivo. La combine voce e strumento diventa in alcuni tratti dell’album fortemente olistica, agendo a livello polisensoriale, attraverso un flusso di sonorità multistrato e ricco di sfumature, quale espressione vivida di stati d’animo molteplici. Il fraseggio jazzistico impresso ad alcuni brani e la vis interpretativa dell’arpista molisana fanno sì che i componimenti trattati acquistino una differente significanza, risplendendo di nuova luce.

«A Ticket Home», impreziosito da raffinati arrangiamenti forieri di imprevedibili variazioni melodiche, conserva intatto il fascino di temi e canzoni popolari, sia pur filtrate della musicista molisana attraverso un approccio strumentale ed esecutivo radicato nella formazione classica, la quale fa ricorso ad un arazzo armonico dalle calde tinteggiature jazzistiche, mentre dal sua voce, a volte lieve, altre più profonda, emergono tonalità tensioattive dai contrafforti soulful. Giuseppina Ciarla si racconta così: «Ho costruito questo repertorio nota per nota, visitando ogni volta il luogo della mia dimora creativa. Per un musicista classico non è un percorso consueto, ma per me è stata un’esigenza che ho coltivato tutta la vita, come si fa con una piantina sul davanzale. Amorevolmente, proteggendola dalle intemperie e dagli sguardi di tutti. Ma la piantina continuava a crescere, fino a chiedermi di cambiarle posto. Prima sul terrazzo, poi finalmente in giardino. Qui, con tutti voi. A Ticket Home è la casa, la dimora ideale, il rifugio perfetto, il luogo in cui ci si sente liberi, a proprio agio. Per alcuni di noi una ricerca costante, per altri una comoda certezza. Questo album vi porterà nella vostra casa preferita, quella dei sentimenti, dei ricordi, all’amore e della speranza».

«A Ticket Home» di Giuseppina Ciarla è un album che riesce ad agire a vari livelli: intimo, immaginifico e fisico, emanando pathos e voglia di vivere al contempo, inducendo perfino a muovere qualche passo di danza. L’album attraversa con agilità confini, generi, linguaggi e culture, oltrepassando l’eclettismo di maniera. Riprendendo le parole della musicista molisana, «A Ticket Home» potrebbe diventare per chiunque «la casa, la dimora ideale, il rifugio perfetto, il luogo in cui ci si sente liberi, a proprio agio».

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