// di Francesco Cataldo Verrina //
Il Mediterraneo, centro propulsore dell’antichità, un tempo mare del «mondo», incrocio e confluenza di civiltà e tradizioni, è da sempre il luogo ideale per l’ispirazione di Bob Salmieri, il quale ne scandaglia le profondità culturali, attraverso la storia e le storie di popoli e culture, uomini e miti. Erodoto Project traccia un orizzonte infinito gettando un ponte ideale tra antico e moderno.
Bob Salmieri, sassofonista e polistrumentista sopraffino, nonché ricercatore di suoni e di antichi strumenti, molti mai usati prima nel jazz, da decenni templare della memoria storica e poetica della Sicilia Araba con Milagro Acustico, nel 2016, dopo l’incontro con il pianista Alessandro De Angelis con cui condivide parte della scrittura dei brani, ha unito in un corpo unico una spiccata sensibilità jazzistica ad un gusto tipicamente mediterraneo. Dal loro sodalizio è nato l’Erodoto Project, che si è subito sostanziato in una splendida trilogia pubblicata da Cultural Bridge, una piccola etichetta discografica italiana che produce jazz e world-music: «Stories, Lands, Men & Gods» 2017, «Molon Labe» 2028 e «Mythos-Metamorphosis» 2020.
Erodoto fu il primo narratore di eventi vissuti sul campo e di popoli incontrati durante lunghi viaggi, una sorta di corrispondente di guerra ed esperto di mondi lontani: le sue cronache sono state tramandate nei secoli. Gli Erodoto Project prendono a pretesto i racconti dell’antico cronista, come spirito guida e paradigma ispirativo, raccontando di viaggi fantastici, sogni, magie e leggende legate a popoli e culture ancestrali, infarcite di racconti popolari e mitologia. Un percorso musicale centrato sul dialogo interculturale sempre più intenso di step in step, che ha favorito la solidificazione e la certificazione di un autentico mediterranean-jazz, dal tratto saliente inequivocabile, dove riemergono i suoni, i volti e le voci dei miti del Mediterraneo, del Medio Oriente e della Sicilia. I tre album dell’Erodoto Project posseggono un plot narrativo avvincente ed una fascinosa espressività che nasce dalla perfetta saldatura di strutture ritmiche multi-etniche, di procedure e partiture tipicamente jazz, dove una seducente melodia dalle sembianze mutevoli diventa il gancio attrattivo per un fruitore generalizzato, tanto da poter parlare di linguaggio musicale ecumenico, a prescindere dai tentativi di catalogazione e di etichettatura.
La trilogia degli Erodoto Project, pur essendo un volo pindarico, che indaga universi remoti e territori sommersi del passato, procede con razionalità alla medesima stregua di una lunga messa in scena teatrale sul palcoscenico della vita suddivisa in atti. «Stories, Lands, Men & Gods», primo capitolo della rappresentazione, ha come filo conduttore il tema del viaggio e delle migrazioni. L’album è basato su componimenti originali con l’aggiunta di una speciale rivisitazione di «Amara terra mia», portata al successo da Domenico Modugno negli anni ’70, che insieme al divorante pathos di «Ti nni vai» di Rosa Balistreri acquista inedite motivazioni, linfa vitale ed attualità, aggiungendo nuovi protagonisti alla scena come i viaggiatori della speranza, i migranti del nostro tempi, schiavi e profughi da terre difficili, scenari di guerra e di povertà assoluta, che attraversano il Mediterraneo, testimoni della infinita epopea delle diaspore umane. Oltre a Salmieri, sax tenore, soprano, ney, klarinet, daf e De Angelis grand piano e Rhodes piano, sono presenti Giampaolo Scatozza alla batteria, Ermanno Dodaro al contrabbasso e due special guest: Gabriel Oscar Rosati alla tromba e Carlo Colombo alle percussioni. Il secondo atto apre gli scenari all’antica Grecia: lo storico Plutarco attribuisce, infatti, l’espressione «Molòn Labè», ossia «venite a prenderci» al temerario Leonida, il sovrano spartano che, alle Termopili, alla testa di soli 500 militi, rifiutò la resa sfidando l’intero esercito persiano guidato dal leggendario Serse.
L’espressione assume il significato di opposizione e «resilienza» a qualunque forma di sopraffazione, barriere sociali, muri razziali, ostacoli sociali e divisioni. Un invito a non arrendersi di fronte alla disumanizzazione che porta le l’uomo tecnologico a respingere ogni sopruso ed a non assuefarsi di fronte ad aventi tragici descritti della cronaca contemporanea, considerati lontani, sia pure all’interno di un «villaggio globale». La front-line formata da Salmieri e De Angelis anche questo album e sostenuta, da un’ottima sezione ritmica: Marco Loddo contrabbasso, Giampaolo Scatozza batteria e Carlo Colombo percussioni, con l’aggiunta, durante le esibizioni live, della danzatrice Chiara Salvati.
Con «Mythos-Methamorphosis» terzo capitolo della saga musical-poetica narrata da Erodoto Project, amvhe la musica si arricchisce di nuovi contenuti grazie alla complicità del Mirò String Trio. Sullo sfondo le vicende di Aci e Calatea o della Sibilla Cumana raccontate da Ovidio nelle Metamorfosi. La mitologia ispira un percorso sonoro, fatto di melodiose ballate, sospese ed avvolgenti, dal taglio narrativo quasi cinematografico e man mano che il plot s’infittisce la tensione cresce. L’album mostra ancora tratti somatici e semantici unici e facilmente distinguibili, evoca e stupisce, cattura e conduce l’ascoltatore nei luoghi della memoria, della storia e del mito, attraverso sonorità contaminate che emergono da un mare di suoni. Su una solida architettura jazz s’innestano ritmi latini, echi della cultura siciliana, ambientazioni classicheggianti, profumi e note arabescate.
Alla strumentazione tipica del jazz si affiancano i classici strumenti da sezione archi, della tradizione mediterranea, del Medio Oriente e dell’antichità pastorale siciliana. Bob Salmieri ney, sax tenore e soprano e friscalettu, Alessandro de Angelis grand piano e piano Rhodes, Maurizio Perrone contrabbasso, Giampaolo Scatozza batteria, Carlo Colombo percussioni, Fabiola Gaudio violino, Lorenzo Rundo viola e Marco Simonacci violoncello. I richiami all’epica classica e alle antiche leggende Mare Nostrum, cosi come i titoli delle varie tracce, diventano un pretesto, ma anche un punto di partenza, per raccontare moderne odissee ed il viaggio perpetuo di tanti Ulisse del terzo millennio alla ricerca di fama e di ventura. «Mythos Metamorphosis» è un contenitore di undici storie ritrovate che, per rinverdirne i fasti, l’Erodoto Poject sceglie una nuova formula descrittiva ed una moderna estetica narrativa che si affida al jazz mediterraneo dagli ampi orizzonti classicheggianti. Le storie e le leggende, i nomi di luoghi e personaggi sono solo uno spunto ed un’iniziale attrattiva, ma è la musica a regalare, costantemente, emozioni.
Intervista a Bob Salmieri
D. Intanto chi è Bob Salmieri, come nasce musicalmente e con quali strumenti?
R. Sono, in qualche modo, figlio dell’immigrazione, la famiglia di mio padre, di Favignana (TP) emigra in Tunisia a inizio Novecento, mio padre nasce a Tunisi e ci vive per i primi vent’anni, poi decide di venire in Italia per fare la guerra. Io sono cresciuto a Roma, in una enclave siciliana al Villaggio Olimpico. A sei anni mio padre ci ha portato in Tunisia a vedere dove era nato e credo che da lì sia nato il mio interesse per il Medio Oriente e la sua cultura. Ho cominciato con la chitarra come quasi tutti per poi passare al pianoforte, alle tastiere e verso i vent’anni al sax che ho studiato e studio con regolarità e che ritengo il mio strumento, senza perdere l’interesse per altri strumenti come il ney o il baglama.
D. Sei una sorta di catalizzatore di stili molteplici, ma questo tuo essere onnivoro è congenito o si è sviluppato negli corso degli anni attraverso lo studio e la ricerca?
R. Sono stato sempre così, molto curioso, ma fino a una certa età sparavo un po’ nel mucchio, solo dopo aver acquisito disciplina, sono riuscito a seguire un percorso più definito e ad approfondire certe tematiche, sviluppando una specie di ossessione per la ricerca verso gli aspetti meno noti o dimenticati della nostra storia, come la dominazione araba della Sicilia con gli immensi tesori che ha lasciato in ogni settore: poesia, agricoltura, pesca, irrigazione, architettura, etc. o per gli artisti dimenticati come il Poeta Ignazio Buttitta, lo storico Michele Amari e la sua immensa Biblioteca arabo-sicula o la Storia dei Musulmani in Sicilia o la cantante Rosa Balistreri.
D. Operi su tantissimi fronti: dai Milagro Acustico al lavoro dedicato a Rosa Balistreri, fino ad arrivare agli Erodoto Project, ma l’impressione è quella che tu faccia soprattutto un percorso introspettivo alla ricerca delle tue radici?
R. Mi sorprende come tu sia arrivato a queste conclusioni conoscendomi appena; sì, è proprio la ricerca delle radici il» percorso più definito» a cui accennavo prima; La fortuna di avere origini siciliane è quella di avere radici che sprofondano all’infinito in un terreno fertile.
Nel 1998 con Milagro Acustico abbiamo inciso il primo cd «Onirico»: belle canzoni, funky, blues, latin jazz ma che centravano con me? Sentivo che non era un lavoro completamente onesto che guardava più a un riscontro del pubblico che non a una vera ricerca interiore, una sincera espressione di quello che ero ( e comunque non ebbe successo! Non trovammo nessuna etichetta che ci pubblicasse) così cercai di capire «cosa» dovevo suonare.
La parola magica fu proprio «Radici». Cercai di guardarmi dentro e dietro e venne fuori «I Storie o cafè di lu Furestiero» un cd realizzato con la collaborazione di diversi musicisti stranieri e poi al libro di racconti omonimo. il disco fu pubblicato nel 2002 da una etichetta californiana «Tinder Records» e il libro da Edizioni Interculturali. Da allora non ho mai abbandonato l’idea che l’ispirazione va cercata nelle proprie origini.
D. Nei tuoi dischi traspare sempre questa tua attenzione per le espressioni culturali, artistiche del Mediterraneo, anche con gli Erodoto Project, dove il jazz sembra un pretesto per gettare un ponte ideale tra il Mediterraneo e vari mondi musicali possibili?
R. Il Mediterraneo e la Sicilia nel mezzo, sono fonte di tesori infiniti. Con Erodoto Project, ricordo che alcuni brani, sono scritti da Alessandro De Angelis e molti a quattro mani, utilizziamo un altro linguaggio ma gli stimoli sono sempre lì, nella Storia, nei Miti e nelle leggende del Mare Nostrum. Mi interessa trovare affinità fra la storia passata e il nostro presente, raccontare dei flussi migratori che da sempre avvengono nel Mediterraneo, per un verso o per l’altro (come appunto fu per la mia famiglia) scrivere canzoni che parlano dei Miti del Mediterraneo. Siamo fra i popoli fortunati del Mondo che hanno radici così profonde e con così tante testimonianze lasciateci in eredità.
D.Ritieni che il jazz sia il linguaggio ideale per unire le varie espressioni culturali che rivivono nei tuoi dischi?
R. Io vedo il jazz come una sorta di porto sicuro, un’ancora di salvezza, qualcosa a cui, artisticamente parlando, sono legato ma da cui cerco di allontanarmi verso altre direzioni per poi farne ritorno; un po’ come Ulisse per la sua Itaca, tanto per restare in tema.
D. Il tuo è un lavoro a dir poco straordinario e anche in controtendenza. Molte espressioni jazzistiche e para-jazz oggi guardano al Nord Europa e ad un certo classicismo strumentale, tu invece orbiti tra Turchia, Sicilia e Nord Africa e riscopri anche l’utilizzo di strumenti desueti e lontani dalle tecnologie. In quest’epoca un po’ superficiale e poco refrattaria alla cultura, non temi di essere incompreso?
R. Sinceramente non mi sono mai posto questo problema; io faccio la musica che so fare e racconto le storie che conosco. Non mi lamento della nostra epoca; certamente quello che dici è vero ma si può affrontare in modi diversi: io trovo invece molto stimolante questo periodo: attraverso le piattaforme digitali si ha la possibilità di ascoltare musica incredibile da tutte le parti del Mondo, si può interagire con musicisti in altri paesi e realizzare progetti internazionali, si possono condividere informazioni e approfondire la conoscenza attraverso internet… non è l’epoca superficiale ma le persone che si limitano alla cultura di base, come si dice, mainstream.
D. Qual è la reazione del pubblico del jazz alla tua musica?
R. Per rispondere alla tua domanda mi devo rifare al pubblico forestiero e non a quello nostrano che sicuramente è più benevolo. Ad agosto dello scorso anno siamo stati invitati a suonare al Jewish Culture festival con il nostro progetto Gods of Sicily. La risposta del pubblico è stata simile a quella di altri posti dove abbiamo suonato all’estero: la sensazione che ho avuto, è che il pubblico assista a uno spettacolo inaspettato, trovandosi a suo agio con il linguaggio che utilizziamo, come fosse una sorta di Esperanto musicale, dove ci si intende in qualche modo, nonostante le distanze geografiche. Si è creato un legame così intenso che il mese dopo alcune persone del pubblico me le sono ritrovate a Trapani!
D. Se dovessi descrivere con poche parole la tua musica nel complesso, come la definiresti?
R. Io la definirei semplicemente Jazz Mediterraneo senza farla tanto difficile.